martedì 15 settembre 2015

CASI PRATICI: Responsabilità del condominio per danno da cose in custodia.



D: Gent.mo Avvocato, sono proprietaria di un locale commerciale adibito a magazzino che è situato in uno stabile condominiale.
Qualche tempo fa a causa del malfunzionamento della conduttura condominiale il mio immobile si è allagato e ho riportato dei danni sia al locale che alle cose stoccate.
Ho immediatamente chiesto all’amministratore di condominio la refusione dei danni subiti ma questi non solo non ha corrisposto nulla ma mi ha risposto che il condominio non aveva nessuna responsabilità per quanto accaduto.
Cosa posso fare? Il condominio è responsabile per il malfunzionamento della conduttura comune di sua proprietà?
 

R: Gent.ma Signora, da quanto riferito appare possibile agire nei confronti del condominio ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto il danno ai locali di sua proprietà è stato causato dal malfunzionamento della condotta condominiale.
Infatti, il condominio ha la custodia delle parti comuni dell’edificio e conseguentemente sul medesimo incombe l’obbligo di provvedere alla loro manutenzione ed alla vigilanza di modo tale che detti impianti non arrechino danni a terzi.
Tra le parti comuni dell’edificio il legislatore annovera anche gli impianti fognari e di scarico che ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., si considerano di proprietà comune sino al punto di diramazione delle tubature verso i singoli appartamenti oggetto di proprietà esclusiva.
Perché possa operare la responsabilità per danni da cose in custodia occorre che il danno si sia verificato nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa o dallo sviluppo di un agente dannoso sorto in essa e nell’esistenza di un effettivo potere fisico del soggetto sulla cosa, dal quale deriva il dovere di vigilare e di mantenere il controllo dello stesso, in modo da impedire la lesione degli interessi altrui.
Con il ricorrere dei due presupposti su citati il custode è ritenuto responsabile, restando salva per lo stesso la possibilità di provare la presenza del c.d. “caso fortuito” idoneo ad interrompere il collegamento causale tra l’inottemperanza del dovere di custodia e la produzione del danno (vedasi Cass. Civ. sent. n. 15538/2000; Cass. Civ. sent. n. 6340/1980).
Nel caso preso in esame pare possibile escludere la presenza del caso fortuito, in quanto non pare essersi verificato nessun evento imprevisto o imprevedibile che sia idoneo ad interrompere il nesso causale fra le condizioni dell’impianto e il danno prodotto dal medesimo. L’onere della prova ricade interamente sul “custode”, ovvero sul condomino, il quale convenuto per il risarcimento dovrà dimostrare la presenza del caso fortuito per andare esente da responsabilità.
Va ribadito che il condominio ha il potere-dovere di vigilare sul corretto funzionamento degli impianti comuni e di intervenire con idonei programmi di manutenzione per evitare che questi arrechino danni ai condomini o ai terzi.
Il condominio nel suo caso dovrà rispondere del danno da lei subito ai sensi dell’art. 2051 c.c., o comunque in forza del più generale principio del neminem laedere dettato dall’art. 2043c.c..
Se lo stato dei luoghi non ha subito sostanziali modifiche e soprattutto se non si è intervenuti sulla conduttura condominiale è possibile, proprio al fine di cristallizzare la prova in vista di un futuro giudizio di merito, promuovere contro il condominio un ricorso per accertamento tecnico preventivo (ATP), anche con finalità conciliative, ai sensi degli artt. 696 e 696 bis del c.p.c..
Cordiali saluti. 
Avv. Andrea Cresti

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