D: Gent.mo
Avvocato, sono proprietaria di un locale commerciale adibito a magazzino che è
situato in uno stabile condominiale.
Qualche
tempo fa a causa del malfunzionamento della conduttura condominiale il mio
immobile si è allagato e ho riportato dei danni sia al locale che alle cose
stoccate.
Ho immediatamente chiesto all’amministratore di condominio la refusione dei danni
subiti ma questi non solo non ha corrisposto nulla ma mi ha risposto che il
condominio non aveva nessuna responsabilità per quanto accaduto.
Cosa
posso fare? Il condominio è responsabile per il malfunzionamento della
conduttura comune di sua proprietà?
R: Gent.ma
Signora, da quanto riferito appare possibile agire nei confronti del condominio
ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto il danno ai locali di sua proprietà è
stato causato dal malfunzionamento della condotta condominiale.
Infatti,
il condominio ha la custodia delle parti comuni dell’edificio e
conseguentemente sul medesimo incombe l’obbligo di provvedere alla loro
manutenzione ed alla vigilanza di modo tale che detti impianti non arrechino
danni a terzi.
Tra
le parti comuni dell’edificio il legislatore annovera anche gli impianti
fognari e di scarico che ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., si considerano di
proprietà comune sino al punto di diramazione delle tubature verso i singoli
appartamenti oggetto di proprietà esclusiva.
Perché
possa operare la responsabilità per danni da cose in custodia occorre che il
danno si sia verificato nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa o dallo
sviluppo di un agente dannoso sorto in essa e nell’esistenza di un effettivo
potere fisico del soggetto sulla cosa, dal quale deriva il dovere di vigilare e
di mantenere il controllo dello stesso, in modo da impedire la lesione degli
interessi altrui.
Con
il ricorrere dei due presupposti su citati il custode è ritenuto responsabile,
restando salva per lo stesso la possibilità di provare la presenza del c.d.
“caso fortuito” idoneo ad interrompere il collegamento causale tra
l’inottemperanza del dovere di custodia e la produzione del danno (vedasi Cass.
Civ. sent. n. 15538/2000; Cass. Civ. sent. n. 6340/1980).
Nel
caso preso in esame pare possibile escludere la presenza del caso fortuito, in
quanto non pare essersi verificato nessun evento imprevisto o imprevedibile che
sia idoneo ad interrompere il nesso causale fra le condizioni dell’impianto e
il danno prodotto dal medesimo. L’onere della prova ricade interamente sul
“custode”, ovvero sul condomino, il quale convenuto per il risarcimento dovrà
dimostrare la presenza del caso fortuito per andare esente da responsabilità.
Va
ribadito che il condominio ha il potere-dovere di vigilare sul corretto
funzionamento degli impianti comuni e di intervenire con idonei programmi di manutenzione
per evitare che questi arrechino danni ai condomini o ai terzi.
Il
condominio nel suo caso dovrà rispondere del danno da lei subito ai sensi
dell’art. 2051 c.c., o comunque in forza del più generale principio del neminem laedere dettato dall’art. 2043c.c..
Se
lo stato dei luoghi non ha subito sostanziali modifiche e soprattutto se non si
è intervenuti sulla conduttura condominiale è possibile, proprio al fine di
cristallizzare la prova in vista di un futuro giudizio di merito, promuovere
contro il condominio un ricorso per accertamento tecnico preventivo (ATP),
anche con finalità conciliative, ai sensi degli artt. 696 e 696 bis del c.p.c..
Cordiali
saluti.
Avv. Andrea Cresti
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