La questione relativa al termine della prescrizione
dei crediti contributivi INPS quando la cartella esattoriale non sia stata
opposta e dell’applicazione analogica dell’art. 2953 c.c., dovrà ora essere
risolta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Dell’argomento c’eravamo già occupati in questo blog (leggi: APPROFONDIMENTI:Prescrizione delle cartelle di Equitalia non opposte.No all'applicazione analogica dell'art.2953 c.c.), riportando una serie di massime giurisprudenziali che non ritenevano applicabile in via analogica il dispositivo dell’art. 2953 c.c., in quanto non equiparabile la non opposizione della cartella esattoriale ad una sentenza passata in giudicato e dando anche conto del contrasto formatosi sul punto.
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 1799, depositata il 29 gennaio 2016 (di seguito si riporta il testo integrale), preso atto del contrasto giurisprudenziale in essere ha così stabilito: “la Cassazione ritiene di trasmettere gli atti al Primo Presidente atteso che, a suo avviso, l’art. 2953 («che è norma speciale») non può applicarsi a fattispecie diverse dalla sentenza, con l’effetto che la «stabilità» della cartella non opposta non può equipararsi ad un giudicato. Se è vero poi che la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale «salvi i casi in cui la legge dispone diversamente» (cfr. art. 2946 c.c.), è altrettanto vero che nel caso di specie v’è una norma di legge che prevede un termine breve (cfr. art. 3, comma 9, Legge n. 335/1995). In conclusione, ad avviso della Cassazione, applicando il disposto di cui all’art. 2953 c.c. «si perverrebbe alla conclusione di consentire all’ente previdenziale di riscuotere contributi prescritti, in violazione del divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto ad essi sia intervenuta la prescrizione». Queste valutazioni, ed il contrasto nella loro soluzione, rendono quindi necessaria una armonizzazione tra le pronunce delle diverse sezioni su un tema che deve essere considerato «di particolare importanza» ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c.”.
Nella richiamata ordinanza la Suprema Corte individua il problema riportando i due distinti orientamenti giurisprudenziali:
- 1° orientamento: la mancata opposizione alla cartella genera gli stessi effetti del giudicato.
“Ai sensi dell’art. 24, d.lgs. n. 46/1999 il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva è di 40 giorni, decorsi i quali il credito non è più contestabile. Su questa premessa, la Cassazione dà atto che secondo l’orientamento della propria sezione «una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata opposizione alla cartella esattoriale, non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale e ciò che può prescriversi è solo l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale [....] trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.» (così Cass. n. 4338/2014 e, nello stesso senso, Cass. nn. 11749/2015; 17051/2004)”.
- 2° orientamento: se non c’è contenzioso non c’è giudicato.
“Ritiene invece la sezione tributaria che «se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’art. 20, d.lgs. n. 472/1997, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario» (Cass. SS.UU. n. 25790/2009; Cass. nn. 5837/2001; 6077/20101194/2012). Ciò in quanto l’ingiunzione (in specie) fiscale «ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato [...] con conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c.» (Cass. nn. 12263/2007; 11380/2012)”.
Non resta che aspettare la decisione delle SS.UU. della Corte di Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro,
ordinanza n. 1799/2016
Fatto e diritto
Atteso che:
- con sentenza
del 28.10.2009, il Tribunale di Catania aveva dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione
all'esecuzione proposta da M.A. avverso l'intimazione di pagamento relativa a
cartella esattoriale notificata al predetto il 31.8.2001 per omesso pagamento
di contributi della gestione commercianti con riguardo agli anni 1993,1995,
1996 e 1998, rilevatane la tardività in quanto proposta oltre il termine di 40
gg. dalla notifica di cui all'art. 24 d.lgs 46/99;
- la Corte di appello di Catania, su gravame del M. ,
riformava tale decisione, sul rilievo che l'opposizione integrava un opposizione
al titolo esecutivo ai sensi dell'art. 615 cpc, facendosi con essa valere un
atto estintivo successivo alla notifica del titolo, ed osservava che
l'intimazione di pagamento era stata notificata in data 27.5.2008, quando il
credito contributivo vantato dall'INPS era prescritto per essere decorso un
quinquennio dalla notifica della cartella esattoriale, senza che fosse
intervenuto alcun atto interruttivo da parte del concessionario della
riscossione; in particolare osservava che la cartella esattoriale non opposta
non aveva attitudine ad acquistare efficacia di giudicato e che, pertanto, al
di là dell'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, non poteva
trovare applicazione l'art. 2953 c.c. ai fini della operatività di un più lungo
termine di prescrizione;
- l'Inps, in proprio e quale mandataria della SCCI
s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidando
l'impugnazione ad unico motivo ed il M. e la Serit Sicilia s.p.a. sono rimasti
intimati;
- sono seguite le rituali comunicazioni e notifica
della relazione redatta ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., unitamente al
decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio;
- con il motivo di ricorso si sostiene che, essendo pacifica la circostanza della mancata opposizione nei termini avverso la cartella esattoriale, con conseguente intangibilità della pretesa contributiva, non possa considerarsi più soggetto a prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale, atteso che la prescrizione riguarda soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo definitivamente formatosi, rispetto alla quale, in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell'art. 1953 c.c., trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario, termine non ancora decorso alla data del 27.5.2008 in cui era stata effettuata la notifica dell'intimazione di pagamento;
rilevato che:
- con il motivo di ricorso si sostiene che, essendo pacifica la circostanza della mancata opposizione nei termini avverso la cartella esattoriale, con conseguente intangibilità della pretesa contributiva, non possa considerarsi più soggetto a prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale, atteso che la prescrizione riguarda soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo definitivamente formatosi, rispetto alla quale, in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell'art. 1953 c.c., trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario, termine non ancora decorso alla data del 27.5.2008 in cui era stata effettuata la notifica dell'intimazione di pagamento;
rilevato che:
- nella disciplina della riscossione mediante
iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D. Lgs. n. 46 del 1999,
il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, che dall'art. 24
dello stesso decreto è fissato in quaranta giorni dalla notifica della cartella
di pagamento, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più
contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in
caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire cosi una rapida
riscossione del credito medesimo (cfr, Cass. 24.2.2014 n. 4338 che richiama
Cass. 14692/2007; 17978/2008; 2835/2009; 8931/2011);
- a ciò consegue l'intangibilità della pretesa
contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla
cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie);
- con sentenza 24.2.2014, n. 4338 (che, invero, non si
è pronunciata espressamente sulla prescrizione, ma che vi fa riferimento in
motivazione, pronunzia seguita dalla successiva conforme di Cass., Sez. Lav., 8
giugno 2015, n. 11749), questa Corte ha affermato che "una volta divenuta
intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione
dell'opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie),
non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione
previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione
diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla
quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto
previsto per l’actio iudicati ai sensi dell'art. 2953 cod. civ.), trova
applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946
cod. civ. (cfr, per arg., Cass., n. 17051/2004, in motivazione)":
- con riguardo alla operatività della prescrizione
decennale per effetto dell'actio iudicati, Cass. Sez. Un. n. 25790 del
10/12/2009 (così anche Cass. 19.7.2013 n. 17669), ha sostenuto che "Il
diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per
la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si
prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art.
2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta
actio iudicati, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un
provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di
cinque anni, previsto dall'art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso
che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere
l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni
non può che essere di tipo unitario", a tale principio uniformandosi
Cass., Sez. 5, 11 marzo 2011 n. 5837 (in termini analoghi già Cass. n. 6077 del
2010), secondo cui: "Il diritto alla riscossione di un'imposta, conseguente
ad avviso di liquidazione divenuto definitivo, perché confermato con sentenza
passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione
che scandiscono i tempi dell'azione amministrativo-tributaria, ma
esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall'art. 2953 cod.
civ., in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione
non è più l'atto amministrativo, ma la sentenza", nonché Cass., sez. V,
13.7.2012 n. 1194, secondo cui "per i diritti di credito dell'amministrazione
finanziaria relativi a tributi e sanzioni amministrative tributarie, la
disciplina dell'actio iudicati dettata dall'art. 2953 cod. civ., secondo cui i
diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci
anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in
giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni" e Cass., Sez. 5, 5
aprile 2013, n. 8380, secondo cui "In tema di imposta di registro, qualora
la pretesa erariale si fondi su di una sentenza passata in giudicato, la
relativa cartella esattoriale, avendo ad oggetto un credito definitivamente
accertato a seguito di contenzioso e come tale avente titolo nella sentenza, va
emessa entro il termine decennale di prescrizione previsto dall'art. 78 del
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non trovando applicazione, nell'ipotesi, né il
termine triennale di decadenza di cui all'art. 76 del medesimo d.P.R., che
concerne, invece, l'esercizio del potere di imposizione, né il termine annuale
di decadenza sancito dall'art. 17, lett. c), del d.P.R. n. 602 del 1973
(rilevante pro tempore), che attiene alle somme dovute in base agli
accertamenti dell'ufficio divenuti definitivi per mancata impugnazione
dell'atto impositivo che li contiene";
- secondo quanto sancito dalla Suprema Corte in tema
di ingiunzioni fiscali, "l'ingiunzione fiscale, in quanto espressione del
potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto
amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del
precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: la
decorrenza del termine per l'opposizione, infatti, pur determinando la
decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo
l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la
fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente
inapplicabilità dell'art. 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione” (v. Cass.,
Sez. 5, 25 maggio 2007, n. 12263) e negli stessi termini si è pronunciata anche
Cass. 6.7.2012 n. 11380, affermando che "una volta divenuto definitivo
l'atto di accertamento (ed esaurito quindi l'esercizio del potere impositivo a
fronte del quale sta il diritto del contribuente alla determinazione di una
imposta "giusta" ex art. 53 Cost.), la pretesa vantata dalla
Amministrazione finanziaria si cristallizza nel diritto soggettivo di credito,
il cui esercizio (corrispondente ora al potere di riscossione a fronte del
quale sussiste soltanto la esigenza che le modalità di esecuzione coattiva non
si traducano in una un'inammissibile vessazione del contribuente) rimane
assoggettato, in assenza di diversa specifica previsione normativa,
all'ordinario termine di prescrizione dei diritti ex art. 2934 ss. c.c.;
ritenuto che:
- l'art. 2953 c.c. - che è norma speciale - non può
applicarsi in via analogica ad altre fattispecie diverse dalla sentenza, con la
conseguente inapplicabilità dell'art. 12 delle Preleggi (Cass. Civ., 29 gennaio
1968, n. 285) e che nel caso di cartella di pagamento non opposta non vi è
nessun titolo di formazione giudiziale dotato di autonomia, non potendo la
“stabilità” della cartella non opposta nei 40 giorni equipararsi ad un
giudicato, in quanto il consolidamento consegue alla mancata opposizione;
- a mente dell'art. 2946 cod. civ., la prescrizione
ordinaria dei diritti è decennale, se la legge non dispone diversamente, e nel
caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente
(art. 3, comma 9, legge 335 del 1995 cit.);
- applicandosi il termine decennale di cui all'art.
2953 cod. civ., si perverrebbe alla conclusione di consentire all'ente
previdenziale di riscuotere contributi prescritti, in violazione del divieto
stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55, comma primo, del
R.D.L. 14 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a regolarizzazione di
contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia intervenuta la
prescrizione, divieto che opera indipendentemente dall'eccezione di
prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi
(norma rispetto alla quale la stessa Suprema Corte ha ritenuto
"manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma
citata e dell'art. 41 della legge 3 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui prevedono
la prescrittibilità del diritto dell'I.N.P.S. al pagamento dei contributi, per
violazione dell'art. 38 Cost., sia perché tale disciplina risponde ad un
principio generale di certezza dei rapporti giuridici, sia perché, a fronte
della prescrizione e del conseguente divieto di pagamento dei contributi, è
prevista la possibilità di costituzione della rendita" - così Cass., Sez.
Lav., 5 ottobre 1998, n. 9865);
- ricorrono le condizioni per la rimessione degli
atti al Primo Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnare la
trattazione e la decisione del ricorso alle Sezioni unite, atteso che la
suddetta questione - oltre a rendere necessaria una armonizzazione tra le
pronunce delle diverse sezioni nei termini sopra evidenziati, può qualificarsi
- per il cospicuo contenzioso in corso -, ai sensi dell'art. 374 cod. proc.
civ., comma 2, "di particolare importanza".
P.Q.M.
Dispone la trasmissione della causa al Primo
Presidente, per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite.
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