La
domanda di ammissione al passivo in una procedura concorsuale per la parte che
riguarda gli interessi moratori chiesti ai sensi del D.Lgs.n. 321/2002 può essere accolta?
Molto
spesso capita che il commissario giudiziale, se si tratta di concordato, o il
curatore fallimentare, in caso di fallimento, non ammettano al passivo la somma
indicata a titolo di interessi moratori ex D.Lgs.n.321/2002, tutte le volte in cui questi non siano stati liquidati in un
titolo giudiziale (es: sentenza passata in giudicato o decreto ingiuntivo non
opposto) ma si fondano unicamente su fatture commerciali non pagate.
Che
cosa accade, quindi, quando il credito per il quale si chiede l’ammissione al
passivo si fonda su fatture commerciali e gli interessi moratori sono chiesti
in base al D.Lgs.n. 321/2002?
Secondo l’innovativo orientamento giurisprudenziale della Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, deve trovare accoglimento la domanda di ammissione al passivo degli interessi moratori ex D.Lgs.n. 321/2002, maturati dal momento dell’esigibilità del credito e fino all’apertura della procedura esecutiva (es. pubblicazione sentenza di fallimento) che riguarda l’impresa debitrice.
Come
noto con il D.Lgs.n.231/2002 si è data attuazione nel nostro paese alla Direttiva Comunitaria
2000/35/CE, che ha quale ratio la lotta contro i ritardi nei pagamenti
nelle transazioni commerciali attraverso l’introduzione di forme di tutela del
creditore volte a disincentivare l’inadempimento o il ritardato adempimento nei
pagamenti.
La
normativa su richiamata disciplina la maturazione degli interessi moratori
relativamente a rapporti di credito/debito che originano da transazioni
commerciali, così come specificato dagli articoli 1 e 2 di detto decreto.
L’art.4, comma 1,D.Lgs. n. 231/2002, prevede l’applicabilità automatica degli
interessi moratori nella misura stabilita dal richiamato decreto a decorrere
dal giorno successivo a quello della scadenza dell’obbligazione, senza che sia
necessaria da parte del creditore alcuna costituzione in mora del debitore ai
sensi dell’art. 1219 c.c., derogando così alla disciplina generale prevista dal
codice civile.
Detto
ciò si tratta di soffermarci adesso su quanto disposto dall’art.1, comma 2, lettera A) delD.Lgs. n. 321/2002, che prevede la non
applicabilità del citato decreto nelle ipotesi di “debiti oggetto di
procedure concorsuali aperte a carico del debitore”.
Secondo
l’interpretazione più restrittiva della norma si dovrebbe sempre escludere
l’ammissione al passivo degli interessi moratori ex D.Lgs.n. 321/2002, quando richiesti sulla base di fatture commerciali non pagate.
Questa lettura del divieto di cui all’art.1,comma 2, lettera A) del D.Lgs. n. 321/2002 è quella maggiormente seguita
dai vari commissari giudiziali e/o curatori fallimentari per giustificare
l’esclusione degli interessi moratori richiesti dall’imprenditore a fronte di
fatture commerciali non onorate.
Di diverso avviso è invece il Tribunale di Milano che dà di
detta norma una lettura molto meno stringente arrivando a riconoscere come
diritto ormai acquisito dall’imprenditore commerciale gli interessi ex D.Lgs.n. 321/2002, maturati dal momento della scadenza dell’obbligazione e fino
all’apertura della procedura concorsuale che interessa il debitore (es.
pubblicazione della sentenza di fallimento).
Questa
seconda interpretazione della norma richiamata appare maggiormente in linea con
quelle che sono le finalità del D.Lgs.n. 321/2002, infatti, una totale esclusione della normativa in esso
contenuta nel caso di procedure concorsuali, determinerebbe un’inaccettabile
sperequazione di trattamento per fattispecie sostanzialmente analoghe che
verrebbero trattate in maniera diversa andando a tradire la stessa ratio
legis del richiamato Decreto che è quella di tutelare il creditore dal
ritardo o dall’inadempimento nei pagamenti nell’ambito delle transazioni
commerciali fra imprenditori.
Tale
linea interpretativa è unicamente dovuta a quanto indicato dal Dott. Bartolomeo
Quartaro con una circolare dallo stesso emanata il 21 aprile 2007 dal
quando era Presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, in
cui il Magistrato ha indicato delle linee guida, ancora oggi seguite dalla
sezione milanese e non solo, dalle quali si evince, in tema di ammissione al
passivo degli interessi moratori, che: “quanto poi alle obbligazioni
pecuniarie assunte dall’imprenditore prima del suo assoggettamento a procedure
concorsuali, ritengo che gli interessi moratori siano dovuti se la data di
scadenza del pagamento (nella tipologia fissata dall’art. 4) è già maturata;
non dovuti se non ancora maturata. Nel primo caso, sul credito capitale
corrono gli speciali interessi moratori del decreto legislativo in esame (n.
231/2002 n.d.r.) fino alla data di apertura della procedura concorsuale, data a
partire dalla quale opera il divieto di pagamento dei crediti per titolo o
causa anteriore”.
Alla
circolare su richiamata il Tribunale di Milano ha fatto seguire anche il decreto
n. 833/08 del 21.01.2008, con il quale ha statuito: “con il D.lgs 231/02
il legislatore ha dato applicazione nel nostro ordinamento alla direttiva
europea adottata in materia di lotta contro i ritardi dei pagamenti nelle
transazioni commerciali. L’art. 1 del citato decreto delimita l’ambito di
applicazione del decreto ad “ogni pagamento effettuato a titolo di
corrispettivo in una transazione commerciale”. E’ previsto che tale
disposizione non si applichi “ai debiti oggetto di procedura concorsuali aperte
a carico del debitore”. Appare indubbio che gli interessi non siano dovuti
per il periodo successivo all’apertura della procedura concorsuale e,
coerentemente, il ricorrente ha formulato la propria domanda limitando la
richiesta del riconoscimento degli interessi dalla data di scadenza delle
fatture fino al fallimento. Viceversa prima della dichiarazione di fallimento,
le obbligazioni contratte dal debitore producono, ai sensi dell’art. 4 del
citato decreto, interessi moratori automaticamente, senza necessità di formale
messa in mora, dal primo giorno successivo al mancato pagamento. Proprio la
ratio della normativa esaminata è stata quella di approntare una più efficace
tutela a fronte dei ritardi nell’adempimento delle transazioni commerciali
sicché alla produzione degli interessi dipendenti corrisponde il perfezionarsi
del diritto alla obbligazione accessoria. La natura sostanziale della norma
esaminata e il suo tenore letterale non consentono una interpretazione tale da
condurre all’affermazione di una inopponibilità alla massa dei crediti di
interessi moratori da obbligazione pecuniaria già maturati”.
Nel
solco di un orientamento interpretativo ormai ben delineato dalla Sezione
Fallimentare del Tribunale di Milano si colloca anche una recente sentenza di
detto Tribunale dalla quale si evince: “ove il rapporto negoziale
sottostante consenta l’applicazione del decreto legislativo citato la
sopravvenuta dichiarazione di fallimento non può incidere su un diritto ormai
acquisito, qual è quello volto ad ottenere oltre che il pagamento del capitale,
anche degli accessori maturati tra il momento della scadenza dell’obbligazione
ed il fallimento” (Tribunale di Milano, Sez. II, 26/08/2014 n. 10419).
La
giurisprudenza di merito non è affatto univoca sul punto e molte decisioni sono
andate in direzione diametralmente opposta da quelle prese dal Tribunale di
Milano, infatti, il Tribunale di Mantova con una recente sentenza del 13 maggio
2014 ha così stabilito: “la previsione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 231/2002
(…), deve essere interpretata nel senso che deve escludersi in sede
fallimentare il debito per interessi di mora al tasso cosiddetto commerciale,
potendo quindi il creditore essere ammesso al passivo del fallimento per gli
interessi sui crediti commerciali scaduti anteriormente alla dichiarazione di
fallimento solo nei limiti del tasso legale cui all’art. 1284 c.c., fatta salva
ovviamente l’ipotesi in cui la debenza di detti interessi sia affermata da un
titolo giudiziale passato in giudicato”.
La
linea seguita dal Tribunale di Milano nell’applicare il divieto di cui all’art.1,comma 2,lettera A) del D.Lgs. n. 321/2002, sembra dare una lettura più
logica del citato disposto normativo in quanto tiene conto delle finalità del
Decreto Legislativo e maggiormente tutela l’imprenditore dal pregiudizio che lo
stesso avrebbe dal ritardato pagamento delle fatture emesse nell’ambito di una
transazione commerciale, cosa che non si realizzerebbe se allo stesso fosse
impedito di insinuare al passivo oltre al capitale anche gli interessi moratori
maturati su di esso prima dell’apertura della procedura esecutiva.
Per
dirimere la questione è auspicabile che sul contrasto giurisprudenziale in atto
si pronunci quanto prima la Corte di Cassazione.
Per il momento nel caso nel caso in cui il curatore
fallimentare non ammettesse al passivo gli interessi moratori richiesti ex
D.Lgs.n. 321/2002, su fatture commerciali non pagate, il creditore potrà
presentare delle osservazioni scritte allo stato passivo fino a cinque giorni
prima dell’udienza di discussione così come previsto dall’art.
95 L.F..
(Fonti:
Il
riconoscimento degli interessi moratori per le obbligazioni pecuniarie assunte
dall'imprenditore prima del suo assoggettamento ad una procedura concorsuale;
Ammissione
al passivo fallimentare: credito privilegiato e interessi moratori)
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