mercoledì 4 novembre 2015

APPROFONDIMENTI:Prescrizione delle cartelle di Equitalia non opposte. No all'applicazione analogica dell'art. 2953 c.c..




Quando ci viene notificata una cartella esattoriale, spesso a mezzo dell’ente di riscossione Equitalia, bisogna sempre prestare attenzione al tipo di tributo che con la stessa ci viene richiesto e al periodo al quale lo stesso si riferisce onde evitare di pagare un debito ormai prescritto.
Infatti, principio ormai consolidato è quello secondo il quale il termine di prescrizione delle cartelle esattoriali non è necessariamente decennale ma deve intendersi variabile a seconda del tipo di tributo che con la stessa viene richiesto.

Quanto detto è vero anche quando la cartella esattoriale non sia stata opposta nel termine di legge, risultando comunque possibile far valere l’eccezione di prescrizione del diritto in sede di opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), ovvero di opposizione ai singoli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).
Infatti, è ormai un principio consolidato che l’art. 2953 c.c., sulla scorta del  quale Equitalia vorrebbe equiparare la cartella non opposta alla sentenza passata in giudicato con tutto ciò che questo comporta in termini di estensione della prescrizione, sia da considerare come norma di carattere eccezionale e la sua applicazione non è mai ammessa in via analogica.
Discende da ciò che la cartella esattoriale non opposta non può essere equiparata ad una sentenza di condanna passata in giudicato di tal ché la sua ontologica diversità impedisce che a quest’ultima possa essere estesa la portata della norma di cui all’art.2953 c.c., trovando di contro applicazione il termine di precisione proprio del credito in essa portato, che generalmente è più breve di quello decennale indicato nella norma.
La specialità della norma di cui all’art. 2953 c.c., è ormai confermata da un costante orientamento giurisprudenziale che stabilisce la sua non applicabilità in via analogica ad altre fattispecie diverse dalla sentenza, in quanto è solo l’accertamento giudiziale che può determinare l’allungamento del periodo prescrizionale del credito, proprio per effetto dell’intervento del sindacato del Giudice che ha verificato la fondatezza della pretesa creditoria in difetto dovrà applicarsi la prescrizione breve propria del tributo richiesto.
Quanto detto sopra è stabilito anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che con la sentenza n. 25790/2009 afferma: “Il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta "actio iudicati", mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall'art. 20 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario”.
Discende da ciò che la cartella esattoriale, anche quando non è stata opposta, mantiene solo natura di atto amministrativo e quindi non può essere equiparata ad alcun provvedimento di natura giurisdizionale non consentendo in alcun modo l’estensione analogica del dettato della norma su richiamata con l’effetto che la prescrizione dei titoli sarà quella dalle leggi speciali per i singoli tributi indicati nella cartella.   
Ad esempio i crediti di natura previdenziali richiesti da INPS a mezzo di cartella esattoriale di Equitalia, se maturati dopo l’1 gennaio 1996, si prescrivono sempre in cinque anni, così come stabilito dall’ art. 3, comma 9, lettera b) della legge n. 335/1995 e ciò anche quando la cartella dell’ente di riscossione non sia stata opposta.
Quanto detto sopra è stato di recente confermato dalla giurisprudenza di merito, che in maniera pressoché unanime, ha ribadito l’inapplicabilità in via analogica dell’art. 2953 c.c., in assenza di una espressa previsione di legge che al momento, giova sottolinearlo, non esiste.
Infatti, “la cartella esattoriale non opposta non può assimilarsi ad un titolo giudiziale essendo, al contrario formata unilateralmente dallo stesso ente previdenziale, per cui, pertanto, non può applicarsi al credito ivi contenuto la prescrizione decennale conseguente ad una sentenza di condanna passata in giudicato, ex art. 2953 c.c. La perentorietà del termine fissato dall'art. 24 comma 5 d.Lvo n. 46/99 determina effetti analoghi al giudicato ma, in assenza di un'espressa previsione legislativa in tal senso, non possono ritenersi del tutto equiparabili al giudicato di formazione giudiziale” (Tribunale di Roma, Sez. Lav., sent. n. 4549/2015; Corte di Appello di Catanzaro sent. 345/2014).
Ed ancora “solo l‘accertamento giudiziale possa determinare l'allungamento del periodo prescrizionale di un credito (in ipotesi più breve), proprio per effetto dell'intervento del sindacato del giudice che ha verificato la fondatezza della pretesa azionata. Per contro, in difetto di previsione normativa in tal senso, non soccorre alcuna giustificazione perché permetta di ricondurre un tale effetto al comportamento della parte che decida di non impugnare l'iscrizione al ruolo, in mancanza di qualsiasi accertamento giudiziale sulla fondatezza della pretesa dell'Ente creditore. In conclusione, si ritiene che la mera non opposizione della cartella di pagamento, non possa determinare una modificazione del regime della prescrizione quinquennale dei crediti previdenziali” (Tribunale di Roma, Sez. Lav., sent. n. 4549/2015).
In senso conforme anche la Corte d'Appello di Lecce, sezione lavoro, che con la sentenza  n. 668/2014 statuisce: “Alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica”.
Ed ancora “la cartella esattoriale può essere assimilata all'ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo, e, pur cumulando in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, risulta priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: ne consegue che la decorrenza del termine per l'opposizione, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con conseguente inapplicabilità degli effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi (art. 2953 c.c.)” (Trib. di Torino, Sez. III, sent. n. 25/2013).
In conclusione, dalla giurisprudenza citata emerge che solo nel caso in cui il diritto vantato da Equitalia derivi da una sentenza irrevocabile (ad es. il contribuente si è opposto alla cartella di pagamento e, per qualsiasi ragione, abbia perso il giudizio) la prescrizione può considerarsi decennale mentre in tutti gli altri casi (ad es. cartella esattoriale non è opposta) la prescrizione varia a seconda della natura del tributo richiesto risultando inapplicabile l’art. 2953 c.c., in quanto non è equiparabile al giudicato la cartella esattoriale non opposta.        

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