martedì 10 novembre 2015

Formulario: RICHIESTA DI RIESAME AVVERSO ORDINANZA CHE DISPONE MISURA COERCITIVA.




Fac-simile di richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva proposta dal difensore ai sensi dell'art. 309 c.p.p.





TRIBUNALE DEL RIESAME DI <............>

RICHIESTA DI RIESAME DI ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE

R.G.N.R. N. <.....> - R.G. G.I.P. N. <.....>

***

Nell’interesse del sig.  <.....>, nato a <.....> il <.....>, residente in <.....>, Via <.....>, n. <.....>, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di <.....>, indagato per il reato previsto dall’art.  <.....> cod.  pen., nel procedimento penale in epigrafe del Tribunale di <.....>, il sottoscritto Avv. <.....>, suo difensore di fiducia come da dichiarazione di nomina già in atti, propone

RICHIESTA DI RIESAME

dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di <.....>  in data <.....>  nei confronti del predetto sig.  <.....> eseguita in data <.....>, per le seguenti

MOTIVAZIONI

1) INSUSSISTENZA DEI GRAVI INDIZI DI COLPEVOLEZZA DI CUI ALL’ART.  273, COMMA 1, COD.  PROC. PEN.

[Analizzare nel merito la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura coercitiva applicata]

Ad es.: L’ordinanza di custodia cautelare del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di <.....>, nel delineare il quadro complessivo della vicenda per cui è processo, fa riferimento ad alcune intercettazioni telefoniche e, in particolare, alle dichiarazioni rilasciate dal coindagato <.....>, dalle quali risulterebbe provata l’esistenza di un accordo criminoso tra l’amministratore della Società <.....> ed i pubblici ufficiali verbalizzanti, consistente nella corresponsione di un compenso al fine di limitare gli effetti negativi della verifica.
Da tali elementi – secondo l’ordinanza impugnata – discende “l’attivo comportamento in senso corruttivo di tutte le persone indagate”.
Sennonché, a parte il fatto che il coindagato <.....> riferisce circostanze apprese de relato e che manca comunque la prova che il sig. <.....> abbia percepito alcun compenso in denaro o altra utilità per compiere atti contrari ai doveri del proprio ufficio, è da escludere che le dichiarazioni di un coindagato possano essere da sole sufficienti ad integrare la condizione generale di applicabilità delle misure cautelari rappresentata dalla “sussistenza di gravi indizi di colpevolezza” di cui all’art.  273, comma 1, cod.  proc.  pen.
In ogni caso, posto che  possa darsi credito alla versione dei fatti fornita dal coindagato, nella fattispecie sarebbe ravvisabile, non già l’ipotizzato delitto di <.....> cod.  pen., bensì il diverso e meno grave reato di <.....> previsto dall’art.  <.....> cod.  pen., [……].

2) INSUSSISTENZA DELLE SPECIFICHE E INDEROGABILI ESIGENZE CAUTELARI ATTINENTI ALLE INDAGINI DI CUI ALL’ART.  274, LETT. A) COD.  PROC.  PEN.

[Analizzare nel merito la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura coercitiva applicata]

Ad es.: Nell’ordinanza impugnata si afferma che la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del sig. <.....>  si è resa necessaria per garantire l’acquisizione e la genuinità della prova in quanto lo stato di libertà dell’accusato potrebbe rappresentare un ostacolo al corretto evolversi del processo formativo della prova e della sua conservazione, in considerazione della “complessità delle indagini” e, in particolare, del “pericolo che gli indagati, se posti in libertà, possano concertare strategie difensive comuni”.
Nel caso di specie è tuttavia da escludere che sussista pericolo alcuno di inquinamento probatorio. Infatti, l’inderogabilità delle esigenze attinenti alle indagini e la concretezza del pericolo per l’acquisizione e la genuinità della prova, richieste ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare di cui all’art.  274, lett. A), cod.  proc.  pen.  non possono essere affermate soltanto sulla base della asserita complessità delle indagini, dovendosi invece spiegare quali specifici elementi debbano essere acquisiti e, soprattutto, in cosa consista il concreto pericolo per la loro acquisizione e genuinità derivante dallo stato di libertà dell’indagato. Ciò tenendo presente che la concretezza e attualità del pericolo cui fa esplicito riferimento il citato art.  274, lett. A) cod.  proc.  pen.  non deve essere valutata in astratto, ma sempre con riferimento ad una situazione controllabile sulla base degli atti del procedimento (cfr.  in tal senso Cass., 13 ottobre 1993, CED 196913).

3) INSUSSISTENZA DELL’ESIGENZA CAUTELARE DEL PERICOLO DI FUGA DELL’INDAGATO DI CUI ALL’ART.  274, LETT. B) COD.  PROC.  PEN.

[Analizzare nel merito la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura coercitiva applicata]

Ad es.:Si legge altresì nell’ordinanza impugnata che “non può negarsi il pericolo di fuga”, poiché “l’indagato potrebbe sfruttare conoscenze, legami e disponibilità economiche per sottrarsi alle conseguenze delle condotte di cui si tratta” .
Tale affermazione, oltre che immotivata, è comunque del tutto priva di fondamento.
E’ infatti principio consolidato in giurisprudenza che in tema di misure cautelari il pericolo di fuga può essere ritenuto sussistente soltanto allorchè, sulla base di elementi e fatti oggettivi, sia ravvisabile la ragionevole probabilità che l’inquisito, se lasciato in libertà, farebbe perdere le proprie tracce, dal momento che l’art.  274, lett. B) cod.  proc.  pen.  postula la sussistenza di un pericolo reale e non soltanto immaginario di fuga e, cioè, “la previsione di tale evento come possibile, in base ad una valutazione fondata su fatti concreti e specifici, tali da rendere la previsione stessa attendibile” (cfr.  Cass., 3 marzo 1992, in Cass. pen., pag.  1416).

4) INSUSSISTENZA DELL’ESIGENZA CAUTELARE DELLA PERICOLOSITA’ SOCIALE DI CUI ALL’ART.  274, LETT. C) COD.  PROC.  PEN.

[Analizzare nel merito la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura coercitiva applicata]

Ad es.: Si afferma inoltre nell’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere che sarebbe da ritenersi sussistente, per tutti gli indagati, un non meglio definito “pericolo di reiterazione di reati della stessa specie”.
Il provvedimento impugnato, tuttavia lungi dall’evidenziare, con specifico riguardo al sig. <.....>, l’esistenza del “concreto”   pericolo di  commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, si limita a fare generico riferimento alla gravità dei fatti contestati agli indagati unitariamente considerati, senza distinguere le specifiche posizioni né operare una autonoma valutazione sulla configurabilità di un concreto pericolo di reiterazione da parte del singolo soggetto. Affermazione questa che si pone in aperto contrasto sia con il dettato dell’art.  274, lett. C) cod.  proc.  pen., sia con il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di adozione di misure cautelari.
Infatti, la c.d. “pericolosità sociale”, che giustifica l’applicazione   della  misura    coercitiva,  deve   essere  valutata –  secondo il dato letterale del citato art. 274, lett. c), cod.  proc.  pen.  --   in relazione non solo alle specifiche modalità del fatto, ma anche alla “personalità  della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali”, il che implica necessariamente che il giudizio prognostico debba essere formulato con riguardo alle specificità individuali.
Sul punto, peraltro, è stato chiaramente affermato dalla Suprema Corte che, “trattandosi di valutazione prognostica di carattere presuntivo, il giudice è tenuto a dare concreta e specifica ragione dei criteri logici adottati senza potere, nell’ipotesi in cui più siano gli indagati, assumere determinazioni complessive e generali”, di talchè “la motivazione in ordine alla pericolosità sociale ed alla necessità della misura della custodia cautelare non può accomunare, in una valutazione cumulativa, la posizione di più indagati senza valutare invece separatamente le situazioni individuali” (cfr. Cass., Sez. II, 16 aprile 1998, n. 6480).
Orbene, nel caso di specie non solo non è stata minimamente valutata la specifica posizione dell’indagato, con una conseguente totale carenza di motivazione che impone l’annullamento del provvedimento impugnato, ma, alla luce dei parametri normativamente indicati, non risultano in alcun modo sussistenti le esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
Siamo, infatti, in presenza di un soggetto nei confronti del quale, in considerazione dell’assenza di precedenti penali e della sua personalità, non può certo emettersi quel giudizio prognostico di pericolosità in funzione della salvaguardia della collettività che, solo, può legittimare la restrizione della libertà personale. Né dalla condotta precedente ai fatti-reato ipotizzati, né da quella successiva possono ricavarsi elementi che indichino l’esistenza di un concreto pericolo di reiterazione.
Ragion per cui neppure la supposta esigenza cautelare della pericolosità sociale dell’indagato è in concreto ravvisabile.

5) VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI ADEGUATEZZA E PROPORZIONALITA’ DI CUI ALL’ART.  275, COD.  PROC.  PEN.

Ad es.:Dato e non concesso che le asserite esigenze cautelari sussistano non vi è dubbio che la disposta custodia cautelare in carcere, lungi dall’essere l’unica misura adeguata al caso concreto, sia manifestamente sproporzionata inutilmente afflittiva.
Ciò in quanto, tenuto conto della incensuratezza e personalità dell’indagato, non vi è dubbio che tali esigenze avrebbero potuto, e comunque potrebbero, essere soddisfatte con l’applicazione della misura meno afflittiva degli arresti domiciliari che, è da ritenersi ugualmente idonea ad impedire la paventata commissione di delitti della stessa specie.
Evidente, dunque, è la violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità sanciti dall’art. 275 cod. proc. pen.
***

Per tutti le motivazioni su esposte il sottoscritto Avv. <.....>, in qualità di difensore di fiducia del Sig. <.....>

CHIEDE

che l’Ill.mo Tribunale di <.....>, in sede di riesame, voglia, a norma dell’art.  309, comma 9, cod.  proc.  pen.:

-          in via principale: annullare l’ordinanza di applicazione della misura coercitiva di <.....> nei confronti del sig. <.....> e, per l’effetto, disponendone la immediata remissione in libertà ;

-          in via subordinata: riformare il provvedimento impugnato e applicare in sostituzione della misura coercitiva di <.....> la misura meno afflittiva di <.....>.

Con rispettosa osservanza

<.....>, lì <.....>

Avv. <.....>

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