martedì 6 ottobre 2015

CASI PRATICI: La violenza sportiva, reato di lesioni colpose e scriminati non codificate.



D: Gent.mo Avvocato, durante una partita di pallavolo ho colpito con una pallonata un avversario il quale si è accasciato a terra dolorante.
Trasportato al vicino pronto soccorso  gli veniva riscontrata una lesione al nervo oculare.
Volevo sapere da lei se per quanto accaduto sono ravvisabili delle possibili conseguenze penali nei miei confronti?
Grazie.

R: Dalla lettura del quesito posto sembra potersi escludere un qualsiasi profilo di responsabilità penale nei suoi confronti per quanto accaduto, in quanto la sua condotta rientra in una normale azione di gioco.
Infatti, il suo comportamento non pare integrare nessuna violazione delle regole del gioco da lei praticato (nel caso di specie la pallavolo), derivando da ciò che non potrà esserle contestato alcunché per le lesioni riportate dal giocatore da lei colpito.
Nel caso in esame, infatti, trova applicazione la c.d. scriminante sportiva, ovvero una causa di giustificazione non codificata ma individuata dalla giurisprudenza in presenza della quale il soggetto agente non risponderà delle lesioni cagionate all’avversario se ha rispettato le regole del gioco e non ha superato la c.d. soglia di rischio consentito che va valutata caso per caso in base all’attività sportiva praticata.
Quindi perché l’illecito sportivo non sia penalmente rilevante occorrerà, oltre al rispetto delle regole cautelari dell’attività sportiva svolta, anche la contestualizzazione dell’azione violenta che dovrà essere avvenuta durante la fase di gioco e non quando questo, per qualsiasi motivo, sia stato interrotto.
Infatti, l’operatività della causa di giustificazione è ammessa esclusivamente per i fatti avvenuti nel corso della competizione in quanto strettamente legati alla dinamica agonistica.
Altro elemento da verificare in concreto è quello della volontarietà della violazione che ricorre ogniqualvolta la condotta sia incompatibile e sproporzionata con le caratteristiche e lo spirito dell’attività sportiva svolta (vedasi Cass. Pen., sent. n. 20595/10).
Discende da ciò che tutte le volte in cui sussista sia la volontarietà dell’infrazione, sia l’abnormità dell’azione, la condotta dovrà ritenersi penalmente rilevante.
In tale ipotesi se l’agente ha cagionato l’evento lesivo nel contesto dell’azione di gioco e il mancato rispetto delle regole di condotta è finalisticamente connesso all’obiettivo agonistico si avrà responsabilità a titolo di colpa, mentre se la competizione sportiva è solo l’occasione per cagionare l’evento lesivo e la violazione sia del tutto gratuita e unicamente rivolta ad arrecare un pregiudizio all’incolumità dell’avversario si avrà responsabilità a titolo di dolo (vedasi Cass. Pen., sent. n. 17923/09).
Nel caso di specie occorre tenere in considerazione che l’azione si è svolta nel corso della normale fase di gioco e che non è stata dovuta ad uno scontro diretto, ne ad un contatto fisico, dunque appare chiaro che non vi è stata nessuna violazione di una regola disciplinare e di conseguenza nessun superamento della soglia del rischio consentito.
In forza di quanto detto sopra la sua condotta risulta ampiamente coperta dalla scriminante sportiva non configurandosi nessuna responsabilità penale a suo carico per le lesioni riportate dal suo avversario. 
Cordiali saluti.
Avv. Andrea Cresti. 

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