martedì 1 dicembre 2015

COLPA MEDICA: Ancora sull'applicabilità dell'art. 139 CdA al danno da responsabilità medica. Irretroattività del Decreto Balduzzi.Tribunale di Udine, sent. 1429/15.



Con la sentenza in commento si ritorna sull’argomento dell’applicabilità del c.d. Decreto Balduzzi alla liquidazione del danno non patrimoniale in caso di c.d. micropermanenti derivanti da responsabilità medica (leggi anche Colpa medica: micropermanenti e criteri di liquidazione dopo il decreto Balduzzi. Tabelle Milanesi o Codice delle Assicurazioni?).
Anche il Tribunale di Udine con la sentenza del 3 novembre 2015, n. 1429 ha stabilito che la norma introdotta dal cd. Decreto Balduzzi, in virtù della quale, il calcolo della liquidazione del danno da colpa medica  va calcolato secondo i criteri previsti per il danno da circolazione stradale, in luogo delle c.d. tabelle milanesi, non ha efficacia retroattiva, qualora le conseguenze dannose del fatto lesivo si siano prodotte ed esaurite prima dell’entrata in vigore della suddetta disposizione normativa.
Questi i fatti. L’attrice aveva convenuto in giudizio un chirurgo e la struttura sanitaria in cui lo stesso  operava, chiedendone la condanna al  risarcimento dei danni patrimoniali  e non, patiti sia a causa dell’errore del sanitario nell’esecuzione dell’operazione subìta dalla stessa, sia per violazione dell’obbligo di informazione, in quanto la paziente sosteneva di non esser stata sufficientemente informata sulla seconda operazione e sui relativi rischi.
Si costituivano in giudizio i convenuti che contestavano sia l’esistenza della colpa medica, sia il lamentato deficit informativo, sostenendo altresì, per quanto attiene alla liquidazione del danno non patrimoniale, che dovesse trovare applicazione la norma introdotta dall’art. 3 co. 3 del D.L. n. 158 del 2012 (cd. Decreto Balduzzi), secondo cui la liquidazione del danno da colpa medica va effettuata secondo i parametri previsti per il danno da circolazione stradale, con riferimento alle tabelle indicate nel Codice delle Assicurazioni e non secondo le tabelle elaborate dalla giurisprudenza (es. Tribunale di Milano) assai più generose per il danneggiato.
Tribunale di Udine, pur dando atto di una giurisprudenza contraria, ha ritenuto che tale norma non possa trovare applicazione nel caso in oggetto, stabilendo così, una volta di più, che la stessa non ha efficacia retroattiva, in quanto secondo un consolidato principio giurisprudenziale: “Il principio dell’irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso. Lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendosi completamente dal collegamento con il fatto che li ha generati in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore” (Cass. SU Sentenza n. 2926 del 12/12/1967; e, ex multis, Cass. Sez.1, Sentenza n. 16620 del 03/07/2013, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2126 del 31/01/2006).
Il Giudice adito specifica ulteriormente: “La norma introdotta dalla cd. Legge Balduzzi non disciplina direttamente la fattispecie generatrice del diritto azionato, limitandosi ad imporre un determinato parametro speciale di liquidazione dei danni non patrimoniali risarcibili, in un ambito che, in precedenza, risultava disciplinato solamente dalle norme, di carattere generale, degli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c.”.
Tuttavia, nel caso in oggetto, il Tribunale di Udine ha ritenuto che tutte le conseguenze dannose del fatto che ha determinato il diritto al risarcimento si siano prodotte, e si siano esaurite, proprio per la mancanza di danno biologico permanente, essendo l’attrice guarita ben prima della proposizione della causa, precedentemente all’entrata in vigore della suddetta disposizione normativa.
Pertanto, il Tribunale friulano ha ritenuto applicabile alla vicenda in oggetto le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano che assicurano, salvi i settori nei quali vi è una speciale formazione, una tendenziale uniformità di valori a livello nazionale.
Di seguito si riporta il testo integrale della sentenza.

 Tribunale di Udine, Sezione I Civile, Sentenza 2-3 novembre 2015, n. 1429

SENTENZA

nella causa civile sopraindicata, avente ad oggetto: “resp. professionale”, tra:

X. Y., nata a Udine il OMISSIS, rappresentata e difesa, per procura a margine dell’atto di citazione dall’ Avv. Paolo Persello del Foro di Udine;

attrice

contro

K. J., rappresentato e difeso, per mandato in calce all’atto di citzione notificato, dall’Avv. Michele Lucca, e domiciliato presso e nello studio del difensore in Udine, via Asquini 11;

convenuto

e contro

Casa di Cura Città di Udine s.p.a., con sede in Udine, viale Venezia 410, in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. OMISSIS OMISSIS, rappresentata e difesa, per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’Avv. Prof. Marco Marpillero, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Udine, via Portanuova 17;

convenuta
CONCLUSIONI

Per parte attrice:

all’udienza del 15.6.2015: come in atto di citazione di data 29.5.2012, e pertanto: condannarsi la Casa di Cura Città di Udine s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, ed il dott. K. J., in solido tra loro, a pagare all’attrice, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, l’importo di Euuro 41.327,44 ovvero il diverso importo, maggiore o minore, che risulterà in corso di causa, con gli interessi legali e la rivalutazione montearia ISTAT dal 23.10.20207 al saldo.

Spese, diritti e onorari di causa rifusi.

In via istruttoria: omissis.

Per il convenuta dott. J.:

all’udienza del 15 giugno 2015: respingersi al domanda attorea così come formulata in quanto infondata ovvero contenerne il quantum entro i rigorosi limiti di quanto emerso nella fase istruttoria. 
Spese ed onorari di causa rifusi o quantomeno compensati. In via istruttoria si insiste per il richiamo a chiarimenti del CTU medico legale come già richiesto all’udienza del 19.1.2015.

Per la convenuta Casa di Cura Città di Udine:

all’udienza del 15 giugno 2015: come in comparsa di costituzione e risposta di data 20.10.2012, e pertanto:

nel merito, in via principale: respingersi la domanda siccome infondata. Con condanna dell’attrice alla rifusione integrale delle spese di lite a favore della deducente Casa di Cura Città di Udine s.p.a.

in via subordinata: ridursi la domanda secondo quanto risulterà equo e dovuto in corso di causa. Spese in tutto o in parte compenasate.
FATTO E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione in data 29.5.2012 la sig.ra X. Y. ha convenuto in giudizio la Casa di Cura Città di Udine s.p.a. ed il dott. K. J. esponendo, in sintesi:

- di avere riportato, nell’ottobre del 2006, la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, mentre partecipava ad una partita di calcio;

- di essere stata visitata, il 16.10.2006, dal dott. J. presso la convenuta Casa di Cura;

- di essersi sottoposta, aderendo alla proposta di cura del predetto dott J., a due operazioni chirurgiche praticate dal medesimo dottore qui convenuto: la prima, il 31.10.2006, per rimozione di residui del neolegamento crociato anteriore e di vite femorale inserita in precedente intervento, oltre a meniscectomia selettiva; il secondo, in data 22.10.2007, per la ricostruzione del LCA con tendine da donatore;

- di essere stata insufficientemente e inefficacemente informata sulla seconda operazione e sui relativi rischi;

- che dopo la seconda operazione insorgevano forti dolori al ginocchio sinistro, nel punto in cui era stata inserita una vite femorale; che tale sintomo non si risolveva nonostante ulteriori trattamenti;

- che il dott. J. , nel gennaio 2008, riconosceva che il dolore era dovuto alla vite femorale;

- che ulteriori esami diagnostici rilevavano che la vite femorale sporgeva, di circa 5 mm., sul condilo laterale del femore, e che a tale sporgenza si accompagnava una grave infiammazione;

- che il dott. J., a seguito di tali accertamenti, comunicava la necessità di un intervento di correzione chirurgica;

- di essere stata operata da altro chirurgo, in data 10.9.2008, presso l’Ospedale S. Cuore – Don Calabria di Negrar (VR), per la riparazione del legamento, con rimozione del mezzo di sintesi precedente e sostituzione con altra vite riassorbibile;

- che a tale operazione assisteva il dott. J. e riconosceva verbalmente il mal posizionamento del legamento nel corso del precedente intervento.

Tanto premesso, sulla scorta di perizia medico legale ante causam della dott.ssa H. Q1, l’attrice ha chiesto, a titolo contrattuale, il risarcimento dei danni, patrimoniali (per spese mediche ed accessorie, anche per gestione della pratica risarcitoria) e non patrimoniali, anche per non avere più potuto riprendere le attività sportive in precedenza praticate (calcio a livello agonistico e sci), subiti in conseguenza della colpa medica allegata in termini di errore nell’esecuzione dell’operazione del 22.10.2007, e violazione dell’obbligo di informazione.

2. Si è costituito in giudizio il convenuto dott. J. resistendo in giudizio, contestando l’esistenza di colpa medica e rimarcando , tra l’altro, di essere intervenuto in sede di revisione di un precedente intervento – fallito - di ricostruzione del legamento, con una prestazione non routinaria, ben eseguita. Ha inoltre sottolineato l’elevata percentuale di totali o parziali insuccessi delle operazioni di revisione , rispetto ale operazioni di ricostruzione primaria del LCA, il fatto che persisteva dolore anche dopo l’operazione del 10.9.2008 ed ha aggiunto che la sporgenza della vite sarebbe, in misura minima, prevista ed inevitabile. Ha contestato altresì il deficit informativo allegato dall’attrice.

3. Si è costituita la convenuta Casa di Cura Città di Udine spa resistendo in giudizio e contestando, nell’an e nel quantum la domanda attorea.

4. Dopo lo scambio di memorie ex art. 183 c.p.c. la causa è stata istruita con CTU affidata al dott. Nico Zaramella ed al dott. Augusto Rovini, rispettivamente all’udienza del 23 luglio 2013 e dell’11 settembre 2013.

5. In data 16.12.2014, dopo alcune proroghe, i CTU hanno depositato la relazione peritale, concludendo per il riconoscimento:

- del danno biologico temporaneo (in misura di 3 giorni al 100%, 15 giorni al 75%, 30 giorni al 50% e 282 giorni al 25%), caratterizzato da un livello di sofferenza medio per undici mesi, escludendo, per contro, un danno permanente;

- della congruità di spese mediche sostenute in misura di €.2.171,34, non essendo prevedibili spese future necessarie per cura o assistenza;

- di elementi concreti da valutare in sede di personalizzazione del danno biologico riconosciuto.

6. All’udienza del 19.1.2015, la difesa del convenuto dott. J. chiedeva il richiamo del CTU a chiarimenti, e le parti, per coltivare una possibile soluzione transattiva, chiedevano un breve rinvio.

7. All’udienza del 16.3.2015 le parti hanno dato atto del fallimento del dialogo transattivo tra le parti. Le difese dei convenuti hanno riferito di avere proposto offerta transattiva dell’importo di €.15.000,00, da dividere al 50% tra loro. La difesa di parte attrice ha riferito di avere formulato controproposta di €.25.000,00 oltre spese legali e di ctUdine La difesa del convenuto J. ha insistito per il richiamo a chiarimenti dei CTU, e la difesa di parte attrice si è opposta a tale istanza ed ha chiesto fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni.

8. All’udienza del 15.6.2015 le parti hanno concluso come sopra riportato ed il giudice ha trattenuto la causa in decisione all’esito dei termini ex art. 190 c.p.c.
***

9. La domanda attorea è parzialmente fondata e merita accoglimento nei termini seguenti.

9.1. Le parti, e prima di loro i rispettivi consulenti tecnici in sede di CTU, hanno condiviso il fatto che, nel caso di specie, la signora Y., all’esito dell’intervento eseguito il 10.9.2008, abbia conseguito una vera e propria guarigione rispetto alle lesioni papite, e che il danno biologico in concreto risarcibile sia perciò rappresentato dal “prolungamento dello stato di malattia e convalescenza necessario alla ripetizione dell’intervento chirurgico finalizzato all’ennesima ricostruzione del legamento crociato anteriore…” (cfr. relazione CTU pag. 32).

9.2. I CTU hanno riscontrato un concreto profilo di colpa medica in capo al convenuto, nell’imperito avvitamento alla corticale femorale laterale, del dispositivo applicato per la ricostruzione del LCA del ginocchio sinistro. Da tale operazione sarebbe residuata la procidenza della vite, causa della successiva sintomatologia dolorosa e rimediabile solamente con una rimozione della vite e la nuova ricostruzione del legamento.

Il fatto poi che l’intervento successivo a quello posto in essere dal dott. J., definibile quindi in termini di revisione della revisione – e comunque dello stesso tipo -, abbia fatto conseguire all’attrice la piena guarigione, rende non condivisibili le osservazioni del CTP di parte convenuta secondo le quali la procidenza della vite potrebbe essere dovuta ad un compromesso tecnico per rimediare a situazione anatomica creata dal precedente intervento del 2004. A parte il fatto che non si parla di compromesso necessario, non può non ritenersi, per quanto rilevato e confermato dai ctu, che la medesima guarigione si sarebbe potuta ottenere, con una condotta perita da parte del chirurgo, già un anno prima.

9.3. Anche con riguardo alla stima e quantificazione medico legale dei danni da inabilità temporanea non emergono specifiche e convincenti contestazioni tra le parti e le conclusioni dei consulenti d’ufficio appaiono pienamente condivisibili.

Non è stato dato sfogo all’istanza di richiamo dei CTU formulata dalla difesa del dott. J. all’udienza del 19.1.2015, in quanto, in primo luogo, la prospettazione di una tecnica alternativa di intervento (la sola recisione della porzione procidente della vite) non risulta tempestivamente allegata quale eccezione, anche sotto il profilo della rilevanza, né risulta rappresentata nella sede tecnica propria, e cioè durante le operazioni di consulenza tecnica.

In secondo luogo deve ritenersi che la durata del periodo di inabilità risarcibile sia quella indivduata dai CTU, posto che l’attrice ha subito un complessivo periodo di invalidità temporanea che va dal 22.10.2007 (intervento con colpa medica) all’effettiva e completa guarigione successiva solo all’intervento del 10.9.2008. Al netto del “fisiologico” periodo di convalescenza dopo un intervento effettuato in modo perito e con successo – nel nostro caso l’intervento del settembre 2008-, aumentato per la considerazione che si è trattato di un intervento di ulteriore revisione, rimane, pertanto, il periodo di inabilità temporanea stimato dai CTUdine

9.4. Non è riconoscibile, a fronte dell’intervenuta guarigione, alcun danno in termini di invalidità permanente, ed appare alla stregua di una petizione di principio affermare, come fa il CTP di parte attrice, che due interventi divenuti inutili (in pratica la seconda ricostruzione del legamento) non possono non avere lasciato un qualche maggior danno. Gli elementi concreti segnalati anche dai ctu, quali il prolungarsi delle sofferenze della paziente e le relative conseguenze, sono circostanze che influiscono sulla misura del danno temporaneo in termini di personalizzazione.

10. Venendo alle questioni relative alla liquidazione del danno non patrimoniale su base medico legale, le difese dei convenuti sostengono l’applicabilità della norma introdotta dall’art.3 co.3 del D.L. n. 158 del 2012 (cd. legge Balduzzi), che ha previsto che la liquidazione del danno da colpa medica debba effettuarsi secondo i valori già previsti per il danno da circolazione stradale, e pertanto con riferimento alle tabelle previste dall’art. 139 del Codice delle Assicurazioni. Ciò in alternativa allo strumento di liquidazione equitativa costituito dalle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.

Ritiene questo giudice, pur consapevole dell’esistenza di un orientamento di segno contrario, che la norma sopravvenuta non possa qui trovare applicazione, non avendo efficacia retroattiva e sulla base delle seguenti considerazioni.

E’ noto, infatti, che il principio generale in tema di efficacia della legge nel tempo è quello dell’irretroattività previsto dall’art.11 delle preleggi al codice civile. Tale principio, pur se non assistito, al di fuori del settore penale, da copertura costituzionale, costituisce principio generale dell’ordinamento, strettamente correlato e funzionale al valore della certezza del diritto, qualificabile, quest’ultimo in termini di vero e proprio fondamento dello stato di diritto.

Costituisce poi consolidato principio giurisprudenziale, qui condiviso, quello secondo il quale:

“Il principio dell’irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso.

Lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendosi completamente dal collegamento con il fatto che li ha generati in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore. (Cass. SU Sentenza n. 2926 del 12/12/1967; e, ex multis, Cass. Sez.1, Sentenza n.16620 del 03/07/2013, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2126 del 31/01/2006).

La norma introdotta dalla cd. Legge Balduzzi non disciplina direttamente la fattispecie generatrice del diritto azionato, limitandosi ad imporre un determinato parametro speciale di liquidazione dei danni non patrimoniali risarcibili, in un ambito che, in precedenza, risultava disciplinato solamente dalle norme, di carattere generale, degli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c.
Ciò detto in termini generali, deve ritenersi che, nel caso di specie, tutte le conseguenze dannose del fatto generatore del diritto al risarcimento si siano prodotte, e siano perciò terminate, prima dell’entrata in vigore della norma in questione. Si tratta, in altri termini, di un rapporto giuridico esaurito, proprio per la mancanza di danno biologico permanente, ed essendo la guarigione intervenuta ben prima della proposizione della presente causa.

11. Troveranno applicazione, pertanto, i parametri equitativi elaborati nell’ambito delle cd. Tabelle del Tribunale di Milano, che assicurano, salvi i settori nei quali vi è una speciale normazione, una tendenziale uniformità di valori a livello nazionale (Cfr. Cass. n. 28290 del 2011 e Cass. n. 12408 del 2011).


Il valore dell’inabilità temporanea assoluta, pro die, è da ritenersi compreso tra un minimo di €.96,00 ed un massimo di €.145,00.

Nel caso di specie, tenuto conto del valore medio di sofferenza delle lesioni patite – condivisibilmente indicato dai CTU-, aumentato per la necessitata rinuncia dell’attrice alla pratica di taluni sport (limitazione che comunque, almeno in parte, si sarebbe resa doverosa anche in assenza di colpa medica), e dal fatto di dover reintervenire sul medesimo organo, sarà adottato un valore medio-alto pari ad €.130,00, ottenendosi così i seguenti risultati:

- 3 giorni al 100% = €.390,00; 288,00 – 435,00,

- 15 giorni al 75% = €. 1.462,50; 1.080,00 – 1.631,25,

- 30 giorni al 50% = €. 1.950,00; 1.440,00 – 2.175,00;

- 282 giorni al 25% = €.9.165,00; 6.768,00 – 10.222,50

per un totale di €. 12.967,00, espressi in moneta corrente all’1.1.2014.

L’utilizzo delle Tabelle milanesi, poi, con adeguata personalizzazione, rende non necessario ipotizzare un ulteriore aumento per il cd. danno morale che, com’èe noto, risulta già ricompreso nello strumento equitativo utilizzato (Cass. Sent. n. 20111 del 2014).

12. Passando ad esaminare altra posta di danno non patrimoniale allegata da parte attrice, attinente a lesione del diritto ad essere informata e ad esprimere un valido consenso, va rimarcato che l’informativa scritta documentata (dichiarazione datata 22.10.2007 facente parte del doc.1 attoreo), resa durante il ricovero, pare sufficientemente adeguata al tipo di intervento che si andava a porre in essere.

Nel caso di specie, poi, si tratta di soggetto che aveva già aderito, fin dal 16 ottobre del 2006, al programma di cura proposto dal dott. J., e si era già sottoposta, il 31.10.2006, ad un primo intervento chirurgico di rimozione dei residui del neolegamento e della vite femorale. L’attrice, invero, si è limitata a lamentare l’insufficiente informativa con riguardo al solo secondo intervento che, però, costituiva la seconda ed ulima tappa di un programma di per sé non contestato e, deve ritenersi, già assentito.

A ciò va aggiunto che l’attrice, come accertato dai CTU, era già stata sottoposta ad analogo intervento chirurgico di ricostruzione del medesimo legamento il 13.2.2004, presso l’ospedale di San Vito al Tagliamento (cfr. relazione CTU pag. 21), sicchè non può essere trattata, quanto al possesso di elementi informativi utili a formulare valido consenso, alla stregua del soggetto che affronti, per la prima volta, un particolare intervento.

Quanto al fatto, infine, che l’attrice non venne informata, durante l’operazione, che la vite metallica di congiunzione del femore, una volta constatato il concreto stato dell’arto, venne fissata non medialmente, ma bensì al condilo femorale laterale, trattandosi di particolare connotato da estremo tecnicismo, e dal quale non è allegato sia derivata alcuna conseguenza negativa per l’attrice, nulla è dovuto, dovendosi ritenere non superato il limite dell’apprezzabile gravità previsto anche per il danno non patrimoniale (Cass. 11950 del 2013).

Né, infine sul punto, può ritenersi risarcibile, in tale ambito, il danno da lesione patito, in quanto non è allegato e provato in causa che la sig.ra Y., qualora correttamente informata dell’incidenza del rischio di complicanze, avrebbe optato per non operarsi (cfr. Cass. Sez.3, Sentenza n.2847 del 09/02/20102, Cass. Sent. 11950 del 2013).

13. Passando alla valutazione del danno patrimoniale, saranno dovute, in assenza di contestazione, le somme riconosciute congrue dai CTU per spese mediche, pari a complessivi €.2.171,34.

Saranno altresì dovute, quali spese ricollegabili all’esercizio del diritto risarcitorio secondo un rapporto di regolarità causale, quelle sostenute per la mediazione (€.48,00 – doc.49), alla quale non vi è stata partecipazione dei soggetti convocati – odierni convenuti - (doc.21 e 22 attorei), quelle affrontate per la gestione della pratica in sede stragiudiziale (€. 726,00 – doc. 25), e non anche le spese per gli spostamenti automobilistici in mancanza di prova assunta sul punto, non avendo parte attrice reiterato l’istanza di prova del cap.40 né all’udienza del 16.3.2015, né in sede di precisazione delle conclusioni.

14. La somma di denaro liquidata, trattandosi di debito risarcitorio e quindi di valore, è soggetta a rivalutazione ex indici istat sui prezzi al consumo, dalla data dell’1.1.2014 – quanto al danno non patrimoniale essendo stata liquidata in moneta corrente a tale data –, e dai singoli esborsi quanto al danno patrimoniale, alla data della presente sentenza. Di seguito produrrà, quale debito di valuta, interessi compensativi in misura legale fino al saldo.

15. Su tutte le somme da pagare, poi, andrà riconosciuto un ulteriore importo a titolo di danno da ritardo nel pagamento, da intendersi come componente implicita della domanda risarcitoria (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10825 del 11/05/2007; Sez. 3, Sentenza n. 844 del 16/01/2007), ed equivalente del mancato godimento della somma dovuta, per tutto il tempo che intercorre fra il fatto e la liquidazione (giur. consolidata a partire dalla nota sentenza della Corte di Cassazione S.Udine n. 1712/95, secondo la quale vi è un “principio generale di equità che impone di compensare con l'attribuzione degli interessi il conseguimento, in ritardo rispetto al sorgere del credito, della disponibilità di una somma di denaro; somma che arricchisce il patrimonio del debitore che non paga subito, con correlativo lucro cessante di chi dovrebbe ottenerlo e non ne ha la disponibilità”).

La prova, in proposito, può essere data anche mediante presunzioni semplici e facendo ricorso all'art.1226 c.c. (criteri equitativi) e, quindi, in questo ambito di equo apprezzamento (art. 2056 c.c.) il lucro cessante può essere liquidato col criterio degli interessi, tenendo presente, però, che gli stessi interessi non potranno calcolarsi sulla intera somma rivalutata, ma dovranno – per evitare un indebito arricchimento del creditore, per esempio, calcolarsi anno per anno sul valore della somma via via rivalutata nell'arco del suddetto ritardo, oppure sulla base di indici medi di rivalutazione.

Il calcolo potrà essere utilmente operato, in ragione degli interessi legali, sugli importi netti dovuti, previamente devalutati alla data del fatto dannoso e, di seguito, come di anno in anno rivalutati, ex indici Istat sui prezzi al consumo, fino alla data della presente sentenza.

16. Dalla soccombenza dei convenuti dovrebbe discendere la condanna integrale degli stessi alla rifusione delle spese di lite in favore dell’attrice, tuttavia, poiché risulta in atti che, quantomeno ad immediato ridosso della fase conclusionale, i convenuti avevano formulato un’offerta transattiva prossima, sebbene inferiore in quanto non comprensiva di alcunchè a titolo di spese legali e di spese di CTU e CTP, all’esito della causa, s’impone la compensazione delle spese della fase decisionale, quantificate in misura di 1/4 rispetto al totale. La liquidazione sarà operata secondo i parametri di riferimento e su valori medi.

17. Le spese di CTU saranno a carico delle parti convenute in solido. Non può essere riconosciuto l’importo allegato a titolo di spese per il CTP dott. W. (esposto come pari ad €.3.050,00) in mancanza di idonea prova documentale, avendo parte attrice prodotto, in allegato alla nota spese del 29.9.2015, una mera lettera di sollecito datata 6.7.2015. La cifra indicata, peraltro, pare eccessiva, soprattutto se parametrata al compenso riconosciuto ai CTU (€.1.200,00 oltre IVA e accessori ciascuno), e, qualora documentata – anche con riferimento ai parametri di calcolo – se ne valuterà una decurtazione percentuale.
P.Q.M.

il Tribunale di Udine in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 2999/12, tra le parti sopraindicate, definitivamente pronunciando, così statuisce: 

accoglie parzialmente la domanda attorea e, per l’effetto:

1. condanna i convenuti dott. K. J. e Casa di Cura Città di Udine s.p.a., in solido tra loro, a pagare alla sig.ra X. Y., a titolo risarcitorio, le seguenti somme di denaro:

1.1. €.12.967,00, a titolo di danni non patrimoniali, in moneta corrente all’1.1.2014, oltre rivalutazione ex indici Istat sui prezzi al consumo da detta data alla presente sentenza, oltre interessi legali sulla somma rivalutata dalla sentenza al saldo effettivo;

1.2. €.2.945,34, a titolo di danni patrimoniali, oltre rivalutazione ex indici Istat sui prezzi al consumo dalle date dei pagamenti effettuati alla presente sentenza, oltre interessi legali sulla somma complessiva rivalutata dalla sentenza al saldo effettivo;

1.3. a titolo di danno da ritardato pagamento, gli interessi legali sul debito risarcitorio di cui ai punti 1.2 ed 1.3, previamente devalutato (quello di cui al punto 1.2) al 22.10.2007, e come di anno in anno rivalutati ex indici Istat sui prezzi al consumo, fino alla presente sentenza;

3. compensa le spese di lite tra le parti in misura di 1/3 e condanna le parti convenute , in solido tra loro, a rifondere all’attrice le spese di lite che, nella residua quota di 2/3, liquida in €. 3.600,00 per compensi, oltre ad €.450,00 per spese esenti, oltre al rimborso forfettario delle spese generali pari al 15% dei compensi, oltre IVA e CPA come per legge;

4. pone definitivamente le spese di CTU a carico delle parti convenute in solido tra loro.


Così deciso in Udine, 2 novembre 2015.

Il Giudice

dott. Sergio Carnimeo

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1. Le conclusioni della dott.ssa Q, quanto a danni risarcibili, sono state: danno permanente del 6% (descritto in termini di “lassità anteriore, deficit flessorio, ipotonotrofia muscolare e persistenti gonalgie” del ginocchio sinistro), e danno temporaneo per 3 giorni al 100%, 30 giorni al 75%, 60 giorni al 50% e 9 mesi al 25% (doc.15 attoreo).

2. In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.


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