Quando ci viene
notificata una cartella esattoriale, spesso a mezzo dell’ente di riscossione
Equitalia, bisogna sempre prestare attenzione al tipo di tributo che con la
stessa ci viene richiesto e al periodo al quale lo stesso si riferisce onde
evitare di pagare un debito ormai prescritto.
Infatti, principio
ormai consolidato è quello secondo il quale il termine di prescrizione delle
cartelle esattoriali non è necessariamente decennale ma deve intendersi
variabile a seconda del tipo di tributo che con la stessa viene richiesto.
Quanto detto è vero
anche quando la cartella esattoriale non sia stata opposta nel termine di
legge, risultando comunque possibile far valere l’eccezione di prescrizione del
diritto in sede di opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), ovvero di
opposizione ai singoli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).
Infatti, è ormai un
principio consolidato che l’art. 2953 c.c., sulla scorta del quale Equitalia vorrebbe equiparare la
cartella non opposta alla sentenza passata in giudicato con tutto ciò che
questo comporta in termini di estensione della prescrizione, sia da considerare
come norma di carattere eccezionale e la sua applicazione non è mai ammessa in
via analogica.
Discende da ciò che
la cartella esattoriale non opposta non può essere equiparata ad una sentenza di
condanna passata in giudicato di tal ché la sua ontologica diversità impedisce
che a quest’ultima possa essere estesa la portata della norma di cui all’art.2953 c.c., trovando di contro applicazione il termine di precisione proprio del
credito in essa portato, che generalmente è più breve di quello decennale
indicato nella norma.
La specialità della
norma di cui all’art. 2953 c.c., è ormai confermata da un costante orientamento
giurisprudenziale che stabilisce la sua non applicabilità in via analogica ad
altre fattispecie diverse dalla sentenza, in quanto è solo l’accertamento
giudiziale che può determinare l’allungamento del periodo prescrizionale del
credito, proprio per effetto dell’intervento del sindacato del Giudice che ha
verificato la fondatezza della pretesa creditoria in difetto dovrà applicarsi
la prescrizione breve propria del tributo richiesto.
Quanto detto sopra
è stabilito anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che con la
sentenza n. 25790/2009 afferma: “Il
diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per
la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato,
si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art.
2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta
"actio iudicati", mentre, se
la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale
irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall'art.
20 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro
il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella
accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario”.
Discende da ciò che la cartella esattoriale, anche quando non è stata
opposta, mantiene solo natura di atto amministrativo e quindi non può essere
equiparata ad alcun provvedimento di natura giurisdizionale non consentendo in
alcun modo l’estensione analogica del dettato della norma su richiamata con
l’effetto che la prescrizione dei titoli sarà quella dalle leggi speciali per i
singoli tributi indicati nella cartella.
Ad esempio i crediti di natura
previdenziali richiesti da INPS a mezzo di cartella esattoriale di
Equitalia, se maturati dopo l’1 gennaio
1996, si prescrivono sempre in cinque anni, così come stabilito dall’ art. 3,
comma 9, lettera b) della legge n. 335/1995 e ciò anche quando la cartella dell’ente di riscossione non sia stata
opposta.
Quanto detto sopra è stato di recente confermato dalla giurisprudenza di
merito, che in maniera pressoché unanime, ha ribadito l’inapplicabilità in via
analogica dell’art. 2953 c.c., in assenza di una espressa previsione di legge
che al momento, giova sottolinearlo, non esiste.
Infatti, “la cartella esattoriale
non opposta non può assimilarsi ad un titolo giudiziale essendo, al contrario formata unilateralmente
dallo stesso ente previdenziale, per cui,
pertanto, non può applicarsi al credito ivi contenuto la prescrizione decennale conseguente ad una sentenza di
condanna passata in giudicato, ex
art. 2953 c.c. La perentorietà del
termine fissato dall'art. 24 comma 5 d.Lvo n. 46/99 determina effetti analoghi
al giudicato ma, in assenza di un'espressa previsione legislativa in tal senso,
non possono ritenersi del tutto equiparabili al giudicato di formazione
giudiziale” (Tribunale di Roma, Sez. Lav., sent. n. 4549/2015; Corte di
Appello di Catanzaro sent. 345/2014).
Ed ancora “solo
l‘accertamento giudiziale possa determinare l'allungamento del periodo
prescrizionale di un credito (in ipotesi più breve), proprio per effetto
dell'intervento del sindacato del giudice che ha verificato la fondatezza della
pretesa azionata. Per contro,
in difetto di previsione normativa in tal senso, non soccorre alcuna
giustificazione perché permetta di ricondurre un tale effetto al comportamento
della parte che decida di non impugnare l'iscrizione al ruolo, in mancanza di
qualsiasi accertamento giudiziale sulla fondatezza della pretesa dell'Ente
creditore. In conclusione, si ritiene che la
mera non opposizione della cartella di pagamento, non possa determinare una
modificazione del regime della prescrizione quinquennale dei crediti
previdenziali” (Tribunale di Roma, Sez. Lav., sent. n. 4549/2015).
In senso conforme anche
la Corte d'Appello di Lecce, sezione lavoro, che con la sentenza n. 668/2014 statuisce: “Alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito
derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di
dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma
di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente
assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un
provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di
cinque anni previsto dalla norma specifica”.
Ed ancora “la cartella esattoriale può essere
assimilata all'ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di
accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo, e,
pur cumulando in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, risulta priva dell'attitudine ad
acquistare efficacia di giudicato: ne consegue che la decorrenza del termine
per l'opposizione, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce
effetti di ordine processuale, con conseguente inapplicabilità degli effetti
del giudicato sulle prescrizioni brevi (art. 2953 c.c.)” (Trib. di
Torino, Sez. III, sent. n. 25/2013).
In conclusione,
dalla giurisprudenza citata emerge che solo nel caso in
cui il diritto vantato da Equitalia derivi da una sentenza irrevocabile (ad es.
il contribuente si è opposto alla cartella di pagamento e, per qualsiasi
ragione, abbia perso il giudizio) la prescrizione può considerarsi decennale mentre
in tutti gli altri casi (ad es. cartella esattoriale non è opposta) la
prescrizione varia a seconda della natura del tributo richiesto risultando
inapplicabile l’art. 2953 c.c., in quanto non è equiparabile al giudicato la
cartella esattoriale non opposta.
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